Eni, bioraffineria di Gela a rischio dopo stop della Regione a ricerca petrolio
Il "pegno" da pagare perché il Cane a Sei zampe riconverta l'impianto è la concessione di autorizzazioni per l'esplorazione e l'estrazione di idrocarburi in Sicilia. L'Assemblea regionale, però, si è messa di traverso. E ora i sindacati temono che l'accordo salti
A rischio l’accordo tra Eni, sindacati e Regione Sicilia sulla trasformazione della raffineria di Gela in un impianto “bio”. Dopo lo stop deciso dall’Assemblea regionale a tutte le autorizzazionidi ricerca e prelievo di idrocarburi sul territorio regionale, i sindacati temono che salti tutto. Nell’intesa si prevede infatti che in cambio della conversione dell’impianto e della salvaguardia dell’occupazione Eni e istituzioni debbano spingere sulle attività diupstream, cioè esplorazione e estrazione, in linea con l’articolo 38 del decreto Sblocca Italia. L’obiettivo numero 5 del verbale firmato al ministero dello Sviluppo economico recita infatti: “Accelerazione delle autorizzazione alla ricerca e sviluppo di nuovi giacimenti”. In sostanza, se da una parte la Sicilia va verso una soluzione “green” con la bioraffineria, dall’altra deve consentire un aumento delle ricerche di petrolio e gas. Questo è il pegno da pagare. Lo ammette il sottosegretario Simona Vicari, preoccupata anche per le notizie di possibili referendum consultivi nei territori rivieraschi del Canale di Sicilia. “Proprio pochi giorni fa siamo riusciti a ottenere l’accordo per la salvaguardia dei posti connessi alla raffineria di Gela (3.500 tra diretti e indotto), grazie al nuovo piano dell’Eni che prevede investimenti ingenti nel locale settore upstream”, ha scritto Vicari in una nota. Investimenti che “consentiranno la salvaguardia dei posti di lavoro e della vocazione manifatturiera del territorio”. Su questa linea, qualche giorno dopo la firma del verbale, la direzione risorse minerarie del ministero ha rilasciato a Eni (60%) e Edison (40%) una concessioneventennale per la coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nel Canale di Sicilia. Si tratta della prima rilasciata dal 2012.
I sindacati, dunque, sono preoccupati. La decisione dell’Assemblea regionale “rischia di avere conseguenze anche sull’attuazione dell’accordo sottoscritto con l’Eni in merito alla riconversione della raffineria di Gela, d’accordo con la stessa regione Sicilia”, dice il segretario generale aggiunto Uil, Carmelo Barbagallo, che chiede “al Governo regionale di correre subito ai ripari e di emanare un provvedimento che ripristini la condizione necessaria all’efficacia di quell’intesa sottoscritta in sede nazionale al ministero”. Per il segretario generale Uiltec, Paolo Pirani, “è impensabile chebocciature strumentali mettano in serio pericolo lo sviluppo dell’intero territorio e rischino di far saltare un investimento di oltre 2,2 miliardi a favore della desertificazione industriale e della disoccupazione”. Secondo Pirani “occorre superare l’atteggiamento ostile verso lo sfruttamento delle nostre risorse” e procedere “immediatamente all’attuazione dell’accordo trovato con Eni con grandi difficoltà”.
A gettare benzina sul fuoco, tra l’altro, si è messa anche la proposta referendaria presentata dal M5S in commissione Ambiente e territorio all’Assemblea regionale siciliana per fermare gli effetti dell’articolo 38 dello Sblocca Italia. Proposta che è già stata accolta favorevolmente dalla maggioranza della commissione.
Che Governo e Regione non abbiano però nessuna intenzione di tornare sui loro passi è chiaro: perché, chiosa il sottosegretario Vicari, “il Canale di Sicilia gioca già oggi un ruolo fondamentale” per aumentare l’indipendenza energetica, “che nel futuro sarà ancora più cruciale con almeno 2,3 miliardi di investimenti previsti nell’area”. Vicari fa riferimento al protocollo d’intesa siglato da Regione, Eni, Assomineraria, Edison e Irminio a giugno scorso che prevede investimenti per 2,4 miliardi di euro nel settore del gas e del petrolio, con un’occupazione stimata intorno alle 7.000 unità. Protocollo difeso a spada tratta dal governatore sicilianoRosario Crocetta: “Tra occupazione salvata e prodotta parliamo di 10mila occupati grazie al protocollo d’intesa con i petrolieri. Se il mio crimine è avere salvato 10mila lavoratori non ci sto. Non voglio ascoltare radicali e finti ambientalisti”. Proprio sulle “attività di trivellazione nel territorio regionale”, Crocetta dovrà riferire in Aula a palazzo dei Normanni il 26 novembre.
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